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Investire in una promessa: ecco perché il SAFE piace a startup e investitori

  • Immagine del redattore: Iuliana Lupascu
    Iuliana Lupascu
  • 7 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

Nel mondo startup, tutto corre: le idee, i team, il mercato. Ma quando si parla di capitale, la corsa si trasforma spesso in una maratona ad ostacoli. E per chi è alle prime armi, trovare un investitore disposto a puntare sulla sola visione può sembrare un'impresa impossibile.

Proprio per questo, negli ultimi anni, sempre più startup – anche in Italia – stanno usando uno strumento finanziario semplice, flessibile e potente: il SAFE, acronimo di Simple Agreement for Future Equity.

Nato nella Silicon Valley grazie a Y Combinator, il SAFE si è diffuso rapidamente per un motivo chiaro: aiuta le startup a raccogliere capitale senza dover affrontare subito una valutazione, evitando tempi lunghi, costi legali e trattative infinite.



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Che cos’è il SAFE?


Il SAFE, acronimo di Simple Agreement for Future Equity, è un contratto di investimento creato nel 2013 da Y Combinator per semplificare il processo con cui una startup raccoglie capitale nelle fasi iniziali.

In parole semplici, il SAFE permette a un investitore di anticipare del denaro a una startup oggi, con l’accordo che questo investimento verrà convertito in quote societarie (equity) solo in futuro, quando si verificherà un determinato evento. Il più comune è un nuovo round di investimento, ma può essere anche una vendita dell’azienda (exit) o una quotazione in Borsa (IPO).


Importante: il SAFE non è un prestito:

  • Non prevede la restituzione del capitale.

  • Non ha una data di scadenza.

  • Non matura interessi.


In pratica, chi sottoscrive un SAFE non diventa subito socio, ma acquisisce il diritto a diventarlo in un momento successivo, e a condizioni vantaggiose rispetto a chi investirà più avanti.

Il vantaggio principale?

Il SAFE posticipa la valutazione dell’azienda – spesso difficile o arbitraria nelle prime fasi – al momento in cui ci sarà un vero round di investimento, cioè quando il valore della startup sarà più chiaro e condivisibile.

Questo rende il SAFE uno strumento veloce, flessibile e poco costoso da usare, ideale per le startup che hanno bisogno di raccogliere fondi senza perdersi in trattative complicate o modifiche societarie.


Un esempio concreto


Immagina una startup che ha appena chiuso un primo prototipo e vuole raccogliere 100.000 euro per testarlo sul mercato. Trovano un investitore disposto a credere nel progetto, ma è ancora troppo presto per dire quanto valga davvero l’azienda. Decidono di usare un SAFE con un cap di 1 milione di euro.


Cosa significa?

Significa che, quando la startup in futuro farà un round di investimento vero e proprio (con una valutazione magari molto più alta), quell’investitore potrà convertire i suoi 100.000 euro in quote della società come se la startup valesse solo 1 milione.


Facciamo due conti.

Supponiamo che dopo 12 mesi la startup cresca e raccolga 1,5 milioni su una valutazione di 3 milioni. Gli investitori entrati in quel round riceveranno una certa percentuale di equity, calcolata su 3 milioni. Ma l’investitore iniziale (quello del SAFE) riceverà molte più quote per gli stessi soldi, perché il suo investimento si trasforma come se la valutazione fosse stata solo 1 milione.

In pratica: ha rischiato prima, guadagna di più. Semplice.


Perché il SAFE è interessante per entrambi


Per la startup, il SAFE è:

  • Un modo per ottenere liquidità immediata senza cedere subito equity.

  • Uno strumento snello, che non richiede modifiche statutarie o notaio.

  • Una formula che posticipa discussioni scomode (come la valutazione) a quando l’azienda sarà più forte.


Per l’investitore, il SAFE è:

  • Un biglietto d’ingresso anticipato con un trattamento preferenziale.

  • Una scommessa calcolata, che può portare grandi ritorni se l’azienda cresce.

  • Uno strumento rapido, senza dover passare per contratti complicati o ruoli formali.


E i rischi?


Come ogni investimento in fase iniziale, anche il SAFE comporta dei rischi. Non offre garanzie di rimborso: se la startup non cresce o non arriva a un nuovo round, l’investitore potrebbe non vedere mai la conversione del suo capitale in equity. Inoltre, fino a quel momento, non ha diritti di voto o controllo sulla società. È quindi uno strumento che si basa su fiducia e visione condivisa, e richiede consapevolezza e trasparenza da entrambe le parti.


In Italia, dove il contesto normativo è meno flessibile rispetto agli USA, il SAFE si sta facendo strada lentamente. A oggi, il suo principale “concorrente” sono gli Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP), più complessi e burocratici, che richiedono modifiche statutarie e procedure formali.

Il SAFE, invece, è un accordo privato snello, senza necessità di interventi notarili o modifiche societarie, pensato per chi vuole raccogliere capitale in modo rapido, soprattutto nelle fasi seed o pre-seed. È uno strumento potente, ma non per tutti: funziona solo quando c’è una reale prospettiva di crescita e un piano solido per arrivare a un round futuro.


Conclusione


In un contesto in cui ogni decisione può influenzare il futuro della startup, scegliere lo strumento giusto per raccogliere capitali è parte integrante della strategia imprenditoriale. Il SAFE è una delle opzioni disponibili, ma non l’unica — e, soprattutto, non sempre la più adatta.


Per questo, noi di SGB Innovation offriamo la nostra esperienza per aiutarti a valutare il percorso più efficace, definendo insieme tempi, modalità e strumenti di finanziamento in linea con la tua visione e i tuoi obiettivi.




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